Last Updated on 27 Marzo 2015 by Eleonora Bolsi
Un ragazzino inglese di dodici anni soffriva del fatto di essere sovrappeso, e di pesare 67 chili. Stanco di non essere considerato dai genitori e di sentirsi cicciottello e in difficoltà quando faceva educazione fisica con i suoi compagni di classe, Owen Clarke ha fatto di testa sua, e ha perso 17 chili in un anno evitando tutti gli snack a base di cioccolato, le barrette, i biscotti e i succhi, e mangiando mele, yogurt magro e snack di verdure crude ta un pasto e l’altro. La storia ha ovviamente un doppio lieto fine: la madre di Owen si sarebbe resa conto di avere una responsabilità nei confronti dell’alimentazione del figlio e avrebbe iniziato a fare una cucina più salutare per tutti, con la conseguenza che anche suo marito avrebbe perso peso. Owen è felice con i suoi cinquanta chili di peso ed è un ragazzo assolutamente nella norma, che è diventato più attivo di prima e adesso ama praticare sport e vita all’aria aperta. Fine della storia, ma qualche interrogativo rimane.
Per esempio questo: a 12 anni si è troppo giovani per assumersi la responsabilità della propria dieta.
BAMBINI A DIETA: LA COLPA E’ DEI GENITORI?
Personalmente, avendo una storia di obesità infantile, non posso non pensare che tutte quelle mamme che faticano a perdere peso per se stesse non si rendono conto che la loro stessa alimentazione avrà degli effetti anche nei loro figli. La prima causa dell’obesità infantile è senza dubbio da ricercare nell’alimentazione che i bambini fanno a casa, e solo in secondo luogo in quello che di sbagliato mangiano fuori. C’è anche il rovescio della medaglia: bambini e bambine che vivono in un contesto in cui la madre si mette costantemente a dieta, impareranno a temere il cibo e a sviluppare gli stessi problemi dei genitori con il proprio peso. Per questo motivo molti bambini vengono arbitrariamente messi a dieta dai loro genitori, anche a dispetto del parere del medico.
Qual è la soluzione? Ancora una volta è la corretta alimentazione. Educare i figli a un maggiore consumo di frutta e verdura tra un pasto e l’altro, magari coinvongendoli sia nella spesa che nella preparazione dei cibi. Abituarli fin da subito al cibo integrale, e non all’onnipresente piatto di pasta. Spingerli senza ossessioni alle attività all’aria aperta. Evitare di trattare patatine e dolciumi come “snack peccaminosi”, dandogliene come “premio” una volta o due al mese: credo che questo li spinga a desiderarli ancora di più, come opposto a un’idea di vita sana, quando basterebbe cucinare un piatto di patate fritte o al forno in casa e un hamburger fatto con carne migliore e due fette di pane integrale tostato per neutralizzare la continua ricerca del fast food.
Non troppo tempo fa mia madre mi ha chiesto “scusa” per aver lasciato a me tutta la responsabilità di una nuova alimentazione (e della dieta) quando avevo la stessa età di Owen (e ahimè pesavo molto di più): mi ha detto che, esattamente come la madre di Owen, non si era resa conto che cucinarci dolci e pizze e stipare la casa di cioccolato potesse essere un problema per me e i miei fratelli. Da ragazzina la responsabilità del mio peso era stata data totalmente a me, finché non ho deciso da sola di dimagrire. Mia madre si lamentava con il pediatra del fatto che fossi troppo golosa. Il problema secondo lei ero io. E quando i miei fratelli sono diventati sovrappeso, allora il problema era di quello che mangiavano fuori casa. Il vero problema invece per me è la pigrizia. Costa tempo e fatica pensare a una alimentazione migliore e più salutare per se stessi e per i propri figli, ma ogni cura costa tempo e fatica.
Spesso inoltre scatta l’idea che, poiché i bambini e i ragazzi devono crescere, hanno un metabolismo migliore e più robusto, e possono mangiare dolci senza problemi. Non solo non è vero, ma significa esporli a una serie infinita di problemi quando cresceranno.
Questo non significa contare le calorie dei loro piatti, ma evitare nell’alimentazione della famiglia gli stessi vizi di quella personale, prendendo il cibo per quel che è: nutrimento. No ai cibi poco nutrienti, raffinati e industriali.