Last Updated on 8 Novembre 2016 by Eleonora Bolsi
Ho già più volte parlato di quello che viene considerato ormai a tutti gli effetti sia un disturbo del comportamento alimentare, che un disturbo in crescita, anche in Italia: si chiama ortoressia, e potremmo definirla come un’ortodossia del cibo, ovvero la tendenza a essere estremi nei confronti del cibo, sia sotto forma di qualità (ci convinciamo che tutto faccia male, sia contaminato o che particolari categorie di alimenti siano da demonizzare), che secondo l’obiettivo del dimagrimento (ci convinciamo che il cibo, sotto forma di calorie o specifici macronutrienti, ci faccia ingrassare e vada controllato in un certo modo).
Per definizione, infatti, l’ortoressia è una ossessione verso una sana alimentazione: poiché sotto questo termine possiamo inglobare teorie e convinzioni personali, è difficile tracciare oggi un identikit “univoco” dell’ortoressico. Se un tempo, infatti, chi soffriva di ortoressia era una persona con un’igiene scrupolosa e ossessiva nei confronti di determinati alimenti, e una scelta molto ristretta degli stessi nell’alimentazione giornaliera, per paura di contaminazioni o avvelenamento, il business e la diffusione delle diete dimagranti ha creato altre ossessioni verso il mangiar sano, il cui al centro di tutto c’è un controllo rigido e ossessivo (o una pretesa di controllo) sul cibo.
Ci possono essere oggi l’ortoressico vegano, quello contrario al glutine, e come ho spiegato prima, l’ortoressico di tipo “dietetico”, che combatte con il cibo ogni giorno perché lo vede solo sotto forma di calorie o di macronutrienti. Insomma: le persone fissate con il cibo sono potenziali vittime dell’ortoressia. (segue a pagina due)