Oggi ti parlo di una polemica che ancora non è destinata a finire, nell’ambito delle diete, del wellness e delle scienze della nutrizione.
Ovvero il concetto di danno metabolico. In sostanza, c’è chi pensa che le diete per dimagrire fanno male perché danneggiano il metabolismo. Prendiamo a esempio quello che dice il body-builder e allenatore americano Scott Abel, che ha spesso parlato del danno metabolico relativamente agli atleti.
Le diete per dimagrire fanno male?
Scott Abel dimostra con un esperimento fatto sui topi il motivo per cui le diete per dimagrire fanno male, e non vanno mai fatte sia per un periodo prolungato che senza un medico che ci segua.
Le diete per dimagrire, quelle che escludono un macronutriente o quelle fortemente ipocaloriche, causano in entrambi i casi un “danno metabolico”. Negli ultimi tempi ho letto diversi libri sull’argomento e mi sono sorbita ben due seminari.
Non so per quale motivo all’estero il problema del danno metabolico è stato molto meglio affrontato che da noi, mentre in Italia dietologi e nutrizionisti continuano a darci diete ipocaloriche e continuano a proporre diete da 1200 calorie come l’unico modo per perdere peso.
E questo perché, come ho detto all’inizio, il mondo della nutrizione si divide in due categorie: chi crede che il danno metabolico esista e chi no.
Un esperimento sul danno metabolico
Scott Abel per dimostrare che le diete per dimagrire fanno male chiama in causa un esperimento, illustrato in questo studio: Hepatic Response to a Very-Low-Energy-Diet and Refeeding in Rats”,American Journal of Clinical Nutrition, 1993.
I ricercatori dell’Università di Geneva hanno diviso i topi in 3 gruppi.
Un gruppo era di stazza normale e non era mai stato sottoposto a restrizioni caloriche; un gruppo aveva seguito una dieta dimagrante per dieci giorni; il terzo gruppo era di topi normalmente magri.
Per i primi dieci giorni, i topi del gruppo 1 e 3 sono stati alimentati normalmente e con gli stessi cibi; i topi del gruppo 2 sono stati messi a dieta, mangiando il 50 per cento di meno degli altri. Il corrispettivo di una dieta da 1200 calorie per un soggetto adulto.
Alle fine dei dieci giorni, i topi del gruppo 2 erano magri come quelli del gruppo 3 (i magri naturali).
Dopo i dieci giorni, tutti e tre i gruppi hanno seguito una dieta normale per altri 25 giorni.
Risultati: l’effetto di supercompensazione
Qual è il gruppo di topi che ha preso peso secondo voi? Il gruppo 2.
Nonostante i dieci giorni di dieta, alla fine dei 35 giorni, i topi del gruppo 2 erano ingrassati più di quanto pesavano inizialmente, mentre i topi del gruppo 1 e 3 avevano mantenuto il loro peso forma. In particolare, i loro chili in più erano per la maggior parte di grasso. Ora, se al posto dei topi pensassimo agli esseri umani avremmo lo stesso identico risultato.
Ed è questo il motivo per cui nel 95% di casi si reingrassa dopo una dieta dimagrante. Gli esperti chiamano questo fenomeno il bodyfat supercompensation accumulation (accumulo di grasso corporeo per supercompensazione). In sostanza, il corpo accumula più grasso del normale per compensare gli effetti della dieta drastica.
Differenze con il modello umano
C’è una sola grossa differenza tra “uomini e topi”: gli uomini continuano a provare diete dimagranti dopo essere re-ingrassati, e continuano perciò ad aggravare il loro danno metabolico.
I topi ovviamente no. Dopo il fallimento della prima dieta, la gente ritenta e ritenta e ritenta, magari facendo anche più attività fisica, e rovinandosi il metabolismo ulteriormente.
La soluzione? Smettere di fare le diete drastiche per dimagrire. Paradossalmente, tenersi leggeri per 2 o 3 giorni (una dieta lampo) è meno dannoso che fare una dieta di settimane o mesi. Purtroppo la maggior parte delle persone è ancora convinta che fare le diete per dimagrire sia il metodo migliore per perdere peso.
La mossa più intelligente da fare è puntare a un perfetto stato di salute tramite la nutrizione, che deve essere completa, affiancata a un maggiore livello generale di attività fisica.