Una dieta con carboidrati batte la dieta chetogenica nella perdita di peso, persino se ai pazienti si fa mangiare cibo a sazietà senza contare le calorie.
Il nuovo studio di Kevin Hall, scienziato che lavora presso il National Institute of Diabetes and Digestive and Kidney Diseases a Bethesda (Usa) è destinato a fare parlare.
Di nuovo, ci troviamo di fronte a uno studio che smentisce i vantaggi di una dieta a ridotto consumo di carboidrati per perdere peso. A breve vi parlerò meglio di questo studio, ma prima facciamo una considerazione su questo scienziato, perché le sue ricerche meritano tutta la nostra attenzione.
Perché una dieta con carboidrati non fa ingrassare
Considerato uno dei massimi esperti al mondo di metabolismo, lo scienziato Kevin Hall da anni conduce una crociata per sfatare due false credenze sulla dietetica.
Il mito dell’insulina come ormone ingrassante
La prima è il modello dell’obesità indotta dal rilascio di insulina, ovvero quella teoria, che non è mai stata provata, per cui mangiare carboidrati farebbe ingrassare, perché l’insulina trasforma gli zuccheri in grassi. Hall afferma che le diete chetogeniche o in generale le diete senza carboidrati non danno alcun vantaggio in termini di maggiore dimagrimento.
E a ulteriore dimostrazione ha presentato i dati dello studio che poi andremo a vedere in dettaglio.
Il mito dell’indice glicemico per dimagrire
L’altro falso mito contro cui Hall combatte da tempo è quello che riguarda l’indice glicemico. Kevin Hall è tra gli scienziati che hanno messo in crisi questo modello, e negli ultimi sei anni sono usciti parecchi studi scientifici che hanno dimostrato che la teoria dell’indice glicemico, per come viene divulgata, è sbagliata.
Motivo? Più di uno.
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Bisogna considerare la flora batterica intestinale:
due persone possono mangiare le stesse identiche cose ma la glicemia si alzerà in modo diverso a causa del loro microbiota.
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Conta il quoziente respiratorio cellulare:
le nostre cellule impiegano diversamente le risorse energetiche. C’è chi ha maggiore e chi minore flessibilità metabolica.
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Influisce la distribuzione del grasso corporeo.
Più ci alleniamo per mantenere una buona massa muscolare, meno dobbiamo preoccuparti dell’indice glicemico degli alimenti.
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E soprattutto, un conto è il carico glicemico, ovvero quanto il pasto complessivo per peso, acqua, fibre e altri nutrienti, ci fa alzare la glicemia.
Ben altro è dire alle persone che non possono mangiare riso bianco o pane perché fanno ingrassare in quanto hanno indice glicemico elevato. Se mangio due fette di pane con verdure e tre fettine di bresaola o se mangio riso e piselli, il carico glicemico sarà diverso che mangiare solo riso in bianco o pane. Eppure gli alimenti, pane e riso, presi da soli hanno un indice glicemico alto. Ma in combinazione con altri, il carico glicemico complessivo del pasto non lo sarà.
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Infine, le calorie.
Hall spiega e ha sempre spiegato che le calorie contano in una dieta.
Ma come fa questo scienziato ad avere delle conoscenze così accurate sul metabolismo umano?
Hall utilizza da anni criteri molto accurati nel condurre le proprie indagini.
Non si basa su interviste o moduli da fare compilare per ottenere i dati, ma misura direttamente il metabolismo delle persone studiandole in apposite camere metaboliche o utilizzando modelli di misurazione come quello dell’acqua doppiamente marcata per valutarne la respirazione cellulare.
Ora che avete un quadro più chiaro, avrete anche capito che questo scienziato non sopporta la divulgazione spiccia, le mode alimentari e tutte quelle cose che, anziché aiutare le persone a capire cosa mangiare, le confondono e le portano a un ciclo perenne di lotta con la bilancia.
Vediamo il nuovo studio.
Dieta con carboidrati batte dieta chetogenica
Presi venti adulti, Hall li ha messi in una clinica per misurare precisamente cosa mangiavano e come cambiavano i loro parametri metabolici e di salute in base alla dieta. Dunque: ha preso venti persone e le ha messe sotto stretta osservazione medica.
Poi le ha divise in due gruppi e le ha osservate per 4 settimane.
A un gruppo ha fornito per due settimane una dieta senza limiti di energia (ovvero ad libitum: le persone avevano a disposizione quantità a piacere degli alimenti) ma che avesse questi parametri. Dieta con altri carboidrati (75%), di tipo naturale (non industrialmente lavorata), su base vegetale e con pochissimi grassi (10%). L’altro gruppo per lo stesso tempo aveva una dieta ad libitum, ma con massimo il 10% di carboidrati e quasi il 78% di grassi. Dunque una chetogenica. Anche nella chetogenica gli alimenti erano tutti di origine naturale e non industriale.
Dopodiché ha fatto l’opposto. Ai pazienti del primo gruppo ha dato la chetogenica, a quelli del secondo la dieta con alti carboidrati e pochi grassi.
Cosa si è scoperto?
Un paziente del gruppo della chetogenica ha dovuto ritirarsi dallo studio per ipoglicemia. Il gruppo che aveva fatto la dieta con più carboidrati nelle prime due settimane, pur avendo mangiato liberamente, aveva consumato quasi 600 calorie in meno rispetto al gruppo che seguiva la chetogenica. Stessa cosa cambiando dieta. Nelle successive due settimane e in particolare nell’ultima, chi adesso seguiva la dieta ad alti carboidrati mangiava meno.
Anche qui i metodi per misurare il metabolismo e il dispendio energetico sono stati, tra gli altri, l’osservazione in una camera metabolica e il metodo dell’acqua doppiamente marcata. Per capire quanto avevano effettivamente mangiato, ai pazienti veniva fornito cibo pesato al dettaglio: quello che non consumavano veniva tolto dalle calorie giornaliere. In questo modo, si sapeva quanto avessero mangiato esattamente i pazienti.
Possibili biases di questo studio?
Sono stati presi in esame solo individui adulti senza patologie metaboliche.
Dunque non sappiamo se gli stessi risultati possono essere riconfermati in persone con diabete o obesità. In genere Hall è invece uno specialista proprio in questi soggetti. Mi aspetto dunque che ripeta l’esperimento su pazienti diabetici.
L’altra cosa da considerare è che la dieta a bassi grassi e alti carboidrati era più simile alla dieta Okinawa che a una dieta mediterranea.
Nella mediterranea standard, i carboidrati scendono al 50/60% massimo del consumo giornaliero, i grassi salgono fino al 30/35%.
Quindi, più carboidrati mangiamo, meno grassi dovremmo in teoria consumare.
Dunque questi risultati NON si applicano alla dieta mediterranea.
Infine, in chi non ha particolari patologie ma è solo in sovrappeso, lo studio dimostra per l’ennesima volta che le calorie contano, e che non esistono particolari vantaggi di dimagrimento nel seguire una dieta senza carboidrati.
Anzi. Si rischia di mangiare di più.
In questo link è possibile consultare tutti i dettagli del trial.