Last Updated on 16 Ottobre 2019 by Eleonora Bolsi
Devo dire che stamattina alle sei e mezza, quando inizio al mia rassegna stampa per Dcomedieta, ho riso per mezzora e quasi mi sono versata addosso il caffè a leggere questo studio. Però riconosco che anche se è strano, lo studio è in linea con altri studi che si sono concentrati su temi simili. Ovvero: la maniera in cui noi pensiamo e chiamiamo i pasti cambia la percezione che abbiamo di quel cibo. E in particolare, se mangiare verdure non ti piace dovresti imparare a chiamarle con un altro nome, e a pensarle in modo più invitante. Vediamo perché.
MANGIARE VERDURE NON TI PIACE? CHIAMALE DIVERSAMENTE
Secondo uno studio apparso sulla rivista Psychological Science, dal titolo “Aumentare il consumo di vegetali enfatizzando gli attributi di gusto e piacere”, pare che chiamare con altri nomi i vegetali o dare loro degli attributi positivi ci permetta di mangiarne di più senza sforzo.
Per esempio, carote croccanti con emulsione di limone per dire “carote in insalata”.
O zucchine al profumo di erbe aromatiche per dire zucchine alla mentuccia.
Questa cosa, senza arrivare a farci salire il Carlo Cracco, si può ottenere semplicemente pensando alla ricetta e non al vegetale in sé.
Mettiamo il caso che io abbia un’antipatia per le verdure.
Se penso di mangiare melanzane a pranzo non mi verrà l’acquolina in bocca. Se invece penso di mangiare una crema di melanzane con degli spicchi di pane abbrustolito o degli involtini di melanzana con poco tonno o caprino e prezzemolo io immagino un piatto appetitoso, e non la melanzana nuda e cruda. Al tempo stesso è meglio immaginare il piatto preparato che non l’ingrediente di base.
I ricercatori hanno infatti visto che semplicemente nominando le verdure in modo diverso e presentandole con aggettivi diversi a un gruppo di soggetti, questi sceglievano più facilmente le verdure rispetto ad altri piatti.
Se vuoi mangiare verdure impara a ingannare la tua stessa mente.
Succede, come ho scritto in precedenza, esattamente la stessa cosa con i pasti. Se io imparo a chiamare “pasto” uno spuntino, mangerò di meno nei pasti successivi. Al contrario è un grosso errore dire di avere piluccato, di essersi mantenuti leggeri, di avere fatto uno spuntino al volo o di avere mangiato “solo” un panino. E’ un modo di ridurre mentalmente quello che abbiamo mangiato non a un pasto ma a qualcosa che ci è sembrato piccolo e leggero. Con il risultato che magari “solo quel panino” ci ha fornito più calorie di un piatto di pasta, eppure due ore dopo abbiamo fame.
Perché? Perché la nostra mente in positivo e in negativo si fa influenzare. E il corpo risponde di conseguenza.
Questa cosa si vede facilmente nella dieta dimagrante. Molte persone non riescono a stare a dieta dimagrante perché la associano a qualcosa di triste e sacrificato. E può essere così, ma non deve essere per forza così.
Se io per esempio ho pollo e insalata a pranzo, posso pensare di fare 3 o 4 versioni differenti dello stesso piatto. Guardate.
- Insalata mista verde con emulsione di yogurt e senape e listarelle piccanti di pollo.
- Fagottini di pollo ripieni di radicchio tritato, su letto di valeriana.
- Crema di lattuga e pollo saltato in padella con cavolo cinese e indivia a striscioline, salsa di soia e curry.
- Pollo e insalata.
Delle quattro versioni quali vi sembra più banale?
Quale vi fa venire meno voglia di mangiare?
Ecco, spero di essermi spiegata.
E se vi mancano le idee potete sempre cercare online: ecco per esempio la sezione verdure di un blog molto interessante, La Regola del Piatto, che mette anche i valori nutrizionali.
Ma se proprio le verdure non vi vanno a genio, vi consiglio di leggere questo: è possibile fare una dieta senza verdure ma salutare?