Siete degli amanti delle patatine fritte? Quante mangiarne ve lo siete mai chiesto?
Ho una brutta notizia da darvi, dunque se per caso state leggendo quest’articolo di lunedì, leggetelo il sabato o il martedì per non peggiorare l’inizio della settimana.
Scherzi a parte, uno studio ha appena rivelato un dato piuttosto sconcertante, per quanto prevedibile. Chi mangia patatine fritte (anche in busta) due volte a settimana o più di due volte a settimana rischia il doppio di morire precocemente.
Lo studio è stato condotto per circa 8 anni, e sono stati analizzati oltre 4mila partecipanti. Si è visto che chi consumava patatine fritte da due a più volte a settimana aveva il doppio del rischio di morte precoce.
Chiaramente, si parla di uno studio osservazionale.
I ricercatori cioè hanno stabilito una correlazione tra il consumo di patatine fritte e il rischio di morte dopo avere escluso una serie di altri parametri legati alla dieta. Anche mangiare patate di per sé non aumenta il rischio di morte se queste sono bollite, fatte al forno (ma non bruciate). Il problema è il metodo di cottura.
La frittura delle patatine infatti aumenta il rischio di assunzione di acrilammide, una sostanza pericolosa in quanto cancerogena, che si forma quando un cibo amidaceo (quindi anche il pane) si annerisce o imbrunisce in cottura ad elevate temperature in associazione con un amminoacido, quindi una frazione proteica. Questo avviene tramite una reazione nota come reazione di Maillard, per cui la sostanza si sviluppa come reazione a un calore superiore ai 120° Celsius.
Non è l’unica sostanza che si sviluppa con la cottura, attenzione. Ma è quella oggetto di studio.
PATATINE FRITTE: IL LATO OSCURO
Si è visto che le patate in particolare, se fritte o bruciacchiate (dunque anche sfritte, arrostite, eccetera), sviluppano più acrilammide degli altri cibi che contengono carboidrati, come per esempio il pane tostato, i crackers, le verdure amidacee o altro. Questo per via dell’asparagina, un amminoacido che è molto suscettibile alla reazione di Maillard.
Le patate contengono infatti molta asparagina.
I carboidrati delle patate e l’asparagina reagiscono al calore producendo appunto acrilammide, ovvero la parte proteica si denatura (si degrada) e genera questa sostanza altamente instabile. L’acrilammide è legato a rischio di neoplasie, disordini endocrini e del sistema nervoso.
Questo come ho detto non vuol dire che altri cibi che contengono carboidrati non sviluppano acrilammide.
Anche il caffè per esempio se è bruciato ne contiene. Ma le patate sono il cibo a più alto rischio.
E le patatine fritte sono un classico esempio di cibo che sviluppa acrilammide.
Dunque lo studio, per quanto si limita a fare un’osservazione, è tutto fuorché inverosimile.
Chi ama le patatine fritte dovrebbe insomma limitarne il consumo a massimo una volta a settimana.
Purtroppo non è l’olio a generare questa sostanza, quanto appunto il tipo di cottura.
Anche le patate al forno o arrosto belle bruciacchiate sono da evitare assolutamente!