mercoledì, Ottobre 30

Mirror fasting, digiunare dallo specchio

Last Updated on 29 Dicembre 2014 by Eleonora Bolsi

mirrorfastingSi chiama Mirror Fasting, e la prima volta che ne ho sentito parlare è stato qualche tempo fa, nel resoconto di una blogger americana, la sociologa Kjerstin Gruys, che ha scritto un libro su questa particolare esperienza: passare un anno senza specchiarsi, da nessuna parte, e non avere la più pallida idea del proprio aspetto. Il libro si chiama Mirror Mirror off the wall, un titolo quasi intraducibile in italiano, visto che riprende la celebre formula “Specchio, specchio delle mie brame” detta dalla strega Grimilde di Biancaneve.
Potremmo tradurlo con Specchio Specchio via dalle mie brame, ma insomma, l’importante è avere afferrato il senso. Qual è il senso? Se si è donne, lo specchio è un amico/nemico importantissimo, così come lo è il fattore estetico. Alzino la mano tutte le ragazze o signore che uscirebbero di casa senza trucco e senza sapere come cadono i vestiti non per andare a fare la spesa (anche se conosco qualcuna che non esce se non si sente perfetta al cento per cento), ma per uscire con qualcuno, e, insomma, farsi vedere in giro, o andare al lavoro. Pochine, vero? E uscire senza essersi mai specchiate dal risveglio?
Voi ce la fareste? Io non sto sempre a guardarmi allo specchio, ma certamente non credo di poterne fare a meno, per esempio per il trucco, l’acconciatura e via dicendo. Tuttavia mi rendo conto che per molte donne apparire impeccabili è diventato davvero troppo importante, l’aspetto, condizionato da canoni estetici che certo non vengono decisi dalle donne ma appartengono a una concezione maschile e maschilista della femminilità oppure ad androginie e lolitismi vari (la donna bambina, la modella ossuta), ha superato il sapersi sentire bene nel proprio corpo e saperlo ascoltare.Insomma: via lo specchio per tornare a rivedersi in modo diverso, più autentico, meno legato a come ci vogliono gli altri.
Se siete curiose e volete saperne di più sul mirror fasting, non vi resta che dare un’occhiata al blog di Kjerstin Gruys.