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Riposizionare i cibi nei supermercati per ridurre l’obesità

Last Updated on 31 Marzo 2022 by Eleonora Bolsi

Il positioning, ovvero il posizionamento dei prodotti sugli scaffali dei negozi, è un aspetto molto importante nell’ambito della visibilità di un prodotto. Le aziende pagano perché i loro prodotti siano piazzati a vista nei corridoi dei supermercati. Questo fa parte dell’aspetto promozionale e di vendita. Quindi se vi chiedete con quale criterio una cerca marca di biscotti è stata messa in uno scaffale all’altezza dei vostro sguardo, ebbene, quel criterio è la visibilità.
Una cosa di cui molti di voi hanno senza dubbio sentito parlare e che riguarda soprattutto la grande distribuzione: quindi i supermercati di catena.
E d’altra parte avrete anche sentito dire che i dolciumi come gli snack monodose si trovano assieme a gomme da masticare e pasticche proprio vicino alla cassa. Anche questa sappiamo essere una tecnica di posizionamento.

RIPOSIZIONARE I CIBI NEI SUPPERMERCATI PUO’ RIDURRE L’OBESITA’?

Chiaramente, nei periodi di festa, dolci e altre golosità non sono solo negli scaffali del loro reparto. Li troviamo in vari espositori, piazzati in ogni angolo, anche vicino a reparti che non c’entrano nulla con quei prodotti. Ma questo è un altro invito a comprare che risponde a esigenze promozionali delle aziende.

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Così che alcuni Paesi sensibili al tema dell’obesità, primo fra tutti l’Australia, che aveva anche proposto un’etichettatura degli alimenti in base al loro indice glicemico, hanno ingaggiato la ricerca scientifica allo scopo di capire se il posizionamento dei prodotti favorisca i chili di troppo.

La logica alla base di questa idea è intuibile.

  1. I prodotti posizionati bene in vista nei supermercati vendono di più, e questo è un fatto.
  2. Attirano l’attenzione di chi sta passando con il carrello tra quegli scaffali.
  3. Quindi la gente ne compra di più.
  4. Tuttavia l’obesità è un fenomeno in crescita che ha numeri persino maggiori della fame nel mondo.

A questo punto, se l’industria alimentare è ritenuta responsabile della pandemia dell’obesità, perché non nascondere, o quanto meno rendere poco visibili i prodotti più calorici?

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Ed è quello che Australia prima e Gran Bretagna poi hanno fatto. Arrivando a nascondere persino le uova di Pasqua.  
Al loro posto, alternative con meno zuccheri e grassi. Anche della stessa azienda.

Oltre quindi a tassare i dolciumi e le bevande ritenute dannose per la salute, il passo successivo è quello di lavorare sul posizionamento degli alimenti per ridurre l’obesità.
Un’altra misura, che ha incluso anche gli Stati Uniti, riguarda invece la ristorazione, e prevede, nelle grosse catene come i fast food, l’indicazione delle calorie e dei valori nutrizionali accanto a ogni piatto in menu.
Cosa ne pensate? E’ giusto o sbagliato?
Ma soprattutto è utile?

SONO UTILI QUESTE MISURE NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE CONTRO L’OBESITA’?

L’opinione di Dcomedieta.

Quello che a prima vista ci sembra un ragionamento sensato per ridurre l’obesità, ha tuttavia degli impliciti che non sono  dati di fatto.

  • Il primo implicito è che dire obeso è uguale a dire mangione. Ora, l’obesità viene definita come un aumento del peso, per cui abbiamo dei criteri diagnostici che riguardano l’indice di massa corporea, fissati dall’OMS. In quanto alle cause, si parla di malattia multifattoriale, e quindi non legata a una sola causa.
  • Il secondo implicito è che l’obeso sia un consumatore abituale o maggiore di cibi industriali appartenenti alla categoria di snack, bevande e dolciumi da supermercato.

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    Secondo questa idea, la parmigiana, la lasagna, la pizza con tutto sopra, il kebab maxi, la rosticceria e la pasticceria artigianale non dovrebbero fare ingrassare? Una persona, posto che sia valido il primo implicito e che sia grassa per sola colpa di un eccesso di cibo, al supermercato può comprare tutti gli ingredienti per farsi una torta da sé o una pasta con panna e salmone.

  • Il terzo implicito è che una cosa faccia ingrassare indipendentemente dalla quantità.

Ora, considerare questi impliciti come dati di fatto è un problema, se si pensa che queste misure possono limitare soltanto le vendite di alcuni cibi, ma non ci danno alcun dato né sulla riduzione dell’obesità, che invece continua a crescere nonostante tassazioni e strategie contenitive.

Le evidenze scientifiche sulla convenienza di riposizionare i cibi nei supermercati per evitare di fare ingrassare le persone lasciano ancora a desiderare. Sappiamo per certo che i dati riguardano un calo delle vendite per alcune categorie di prodotto. Ma è presto per dire se queste strategie si tradurranno in una riduzione effettiva della pandemia dell’obesità.