Last Updated on 23 Ottobre 2022 by Eleonora Bolsi
Nei social si sono fatte parecchie ironie sul concetto di Sovranità alimentare, che sarebbe una delle espressioni chiave della nuova denominazione dell’ex Ministero italiano delle Politiche agricole, che, se fosse formalizzata, diventerebbe il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.
Cosa spaventa della sovranità alimentare?
Spaventa, da qui le ironie, ma anche le critiche, la parola “sovranità” che echeggia nella mente delle persone come una forma di sovranismo.
Invece chi ironizza o teme che la Sovranità alimentare abbia i colori del nero politico si sbaglia. E di grosso pure. Adesso cercherò di spiegarvi perché.
Sovranità alimentare: cos’è e perché è importante
Come sapete e potete vedere, io ho un sito che si chiama Dcomedieta, e che si occupa di notizie su benessere, dimagrimento, nutrizione, integrazione e fitness. Si tratta di un sito neutrale nei confronti delle suddette notizie: possono esserci ricette, buone diete, cattive diete, ma si è parlato anche di disturbi dell’immagine corporea, di problemi alimentari e dei lati oscuri sia della diet culture che della globalizzazione alimentare. Il discrimine lo fanno le fonti.
Se le fonti sono accreditate ne parlo. Se si tratta di fake spiego perché sono fake. Io ho lanciato questo sito nel 2014, dunque ce l’ho da svariati anni.
Per fare il mio lavoro, ogni giorno devo leggere tantissime notizie, in più lingue, e poi decidere di cosa parlare.
Ora: nel corso degli anni, se c’è una cosa di cui non ho parlato quanto avrei voluto, perché rischiavo di andare fuori tema, anche se in alcuni casi l’ho fatto comunque, decidendo di lasciare perdere il mio target, è il problema della qualità del cibo che portiamo in tavola.
Adesso lo affronto.
Sovranità alimentare a salvaguardia della qualità
Per qualità io qui intendo due cose. Da un lato, il cosiddetto cibo sano.
Ovvero tutti quegli alimenti che, per valori nutrizionali, per ingredienti, eccetera, sono minimamente modificati, non contengono additivi, coloranti e via dicendo, non sono manipolati industrialmente in maniera tale da assomigliare molto lontanamente a quello che erano in origine.
Per farvi capire, c’è differenza tra un formaggio spalmabile e un pezzo di cacio del contadino, c’è differenza tra un wurstel e una fettina di carne.
Dunque definiamo per prima cosa di qualità un prodotto minimamente lavorato e riconoscibile in quanto tale, con valori nutrizionali adeguati a un certo utilizzo (l’olio di semi è un prodotto riconoscibile ma non vi direi di bervelo come del latte, insomma) e con meno aggiunte possibili.
Ma c’è un secondo criterio di qualità, ed è quello su cui è importante il concetto di sovranità alimentare.
Prendiamo una mozzarella: c’è differenza se questa mozzarella è fatta con latte o con polvere di latte?
Sì, anche perché il latte in polvere subisce delle lavorazioni che, a parte quello destinato al consumo neonatale, non è proprio il massimo.
E c’è differenza tra un pezzo di Parmigiano Reggiano e un pezzo di formaggio stagionato che ha un aspetto simile e un nome simile? Sì, perché nel primo caso io so come viene fatto il Parmigiano Reggiano, ho rassicurazioni in quanto consumatore, so della materia prima, della sua prevenienza e di come viene lavorata.
Ancora: c’è differenza tra, mettiamo, un avocado importato dall’America e un avocado che proviene dalla Sicilia? Sì, perché il prodotto locale viene raccolto in un certo periodo e a un certo grado di maturazione, non fa centinaia di chilometri per arrivare alla mia tavola e conserva molta più genuinità dal punto di vista nutrizionale, proprio perché più tempo passa dalla raccolta e più il prodotto naturale ne risente.
Questo senza parlare dell’impatto ambientale delle importazioni.
Sovranità alimentare a salvaguardia della cultura
Noi viviamo in un Paese che di Made in Italy conserva solo il nome. Se cinquanta o sessanta anni fa l’Italia era un paese a larga produzione agricola, oggi chi lavora nei settori dell’agricoltura e dell’allevamento è in ginocchio nel nostro Paese e le persone preferiscono comprare ciò che al supermercato viene dato a prezzi competitivi.
Pazienza che la buccia dei limoni è trattata in modo da non renderla più edibile. Noi non lo sappiamo e continuiamo a usarne la buccia per insaporire le nostre torte. Avvelenandoci.
Pazienza che la grossa parte dei zuccherifici da barbabietola è stata chiusa: noi importiamo zuccheri da altri Paesi.
E pazienza che ci copiano i prodotti. Ci illudiamo che i prodotti fasulli li comprino solo all’estero, mentre noi al supermercato troviamo il meglio del nostro territorio e non ci facciamo fregare.
Ma non è così. In altri Paesi la sovranità alimentare è un concetto ritenuto non solo legittimo, ma anche sacrosanto per evitare che ciò che di buono viene prodotto rischi di perdersi per sempre.
Nessuno di noi sarebbe contrario a tutelare il patrimonio artistico italiano, giusto?
Se un giorno venissero a dirci di volere ricreare delle riproduzioni del Colosseo per abbellire altre città, non ci sembrerebbe assurdo? O di dargli una bella mano di vernice colorata, per renderlo più accattivante? Probabilmente ne saremmo inorriditi.
Ecco.
Anche il cibo però è un patrimonio culturale.
Di questo si occupano i presidi come Slow Food, e la tutela del patrimonio culturale alimentare è importante per non trovarsi mozzarelle di latte in polvere in tavola. Per trovare prodotti locali a prezzi accessibili e preferirli a quelli esteri, ma perché questo sia possibile bisogna investire sulla filiera agroalimentare, non lasciarla allo sbando. Se ci tenete all’olio, al parmigiano, al vino, se d’estate volete della frutta che sappia di frutta, allora dovete essere a favore della sovranità alimentare senza se e senza ma. Non dovete fare l’errore di darle un colore politico.
Dovete pensare che è giusto che il nostro Paese sia tutelato in ogni aspetto culturale, esattamente come da anni fanno altri Paesi. E il cibo è natura, ma è anche cultura.
La prossima volta che leggete un post ironico sulla sovranità alimentare, dite a chi l’ha scritto che è un ignorante o è in malafede, ma non minimizzate il vostro territorio, perché significa sputare sul piatto in cui tutti mangiamo.