Last Updated on 27 Ottobre 2024 by Eleonora Bolsi
Perdere peso è sempre una buona notizia? Ovviamente la risposta è negativa. Tutto dipende dalle ragioni per cui si perde peso.
La propaganda della magrezza spinge l’opinione pubblica a considerare il dimagrimento in termini sempre positivi, in contrasto con il modo di pensare locale, famigliare o tradizionale. Pensate al classico cliché costruito sulla mamma meridionale italiana, che spinge i figli a mangiare perché li vede sciupati anche quando non lo sono.
Ecco, dietro questo modo di pensare locale o tradizionale c’era il ricordo delle guerre e quindi della carestia, ma anche un sistema agricolo che fino agli anni Settanta era ancora caratterizzante. Le madri erano quindi educate dalla famiglia di origine che a sua volta era figlia o nipote del dopoguerra e considerava l’assenza di cibo come un dramma. La propaganda della magrezza ha sempre opposto un’altra visione: mangiare troppo porta alla malattia dell’obesità, ed essere magri è anche un modo per essere belli.
Quindi viene la prevenzione dell’obesità viene utilizzata come argomento quando quello dell’estetica fallisce o non è abbastanza.
Quando perdere peso è un sintomo.
Il risultato è che perdere peso è sempre più visto positivamente, e le persone vengono spinte a pensare che, se la bilancia scende, è sempre una buona notizia.
In realtà, bisogna sforzarsi di andare oltre l’imposizione estetica e omologante. Soprattutto se la perdita di peso non è legata a una volontà di mettersi a dieta, allora perdere peso è un sintomo. Una reazione del corpo allo stress. Oppure sintomo di una malattia.
Non è un caso che molte persone anoressiche raccontino più o meno la stessa storia: inizialmente, hanno incontrato molte persone, come vicini di casa o conoscenti, che, vedendole dimagrire, si sono congratulate. E hanno continuato a congratularsi anche quando la magrezza era eccessiva. Involontariamente contribuendo a rendere più difficile per le persone malate la presa di consapevolezza che dovessero invece curarsi, dato che il corpo magro rispondeva alle aspettative sociali.
Il caso di Jemma Doran.
Anni fa, nel 2015, la storia di Jemma Doran è finita su tutti i giornali, anche italiani. La riporto perché è emblematica di quanto detto sopra. Jemma, infatti, era, all’epoca, una ragazza inglese di 28 anni che aveva deciso di mettersi a dieta. Aveva iniziato a mangiare sano, ridurre le porzioni, e si era iscritta in palestra.
Il risultato è stato che aveva perso molto peso e la sua vita era cambiata in meglio, il suo dimagrimento era stato definito da lei stessa come sorprendente: aveva pure trovato un fidanzato.
Peccato che il dimagrimento fosse sì sorprendente, ma dovuto in parte a una forma di neoplasia maligna alle tonsille. Se Jemma non si fosse sottoposta allo stress di diete e ginnastica, secondo i medici, da un lato si sarebbe subito resa conto che la perdita di peso era dovuta alla malattia, dall’altro sarebbe stata più in forze per combatterla. Jemma ha dovuto riprendere peso per sostenere fisicamente le cure, con la paura di non potercela fare a superare il male che l’aveva colpita.
Purtroppo Jemma non c’è più. La diagnosi tardiva le ha impedito di vincere la battaglia contro il tumore.
Spero vivamente che questa vicenda spinga le persone a considerare la perdita di peso come un sintomo, soprattutto quando non è volontaria. O è volontaria ma eccessiva rispetto a quanto si dovrebbe dimagrire.